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Anime Cult - Immagini, ricordi e collezioni dal Sol Levante (n° 21)

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Recensisco il n° 21 di A. C. parecchio in ritardo rispetto alla sua data di uscita a luglio, in quanto dovevo terminare di postare consecutivamente gli "Annuari Rizzoli dal 1977 al 1983. In fondo le fonti hanno la priorità, altrimenti c'è chi resterà senza spunti per i suoi libri e le sue pubblicazioni   ^_^
Il numero contiene uno speciale sulle censure, su cui torno più sotto, son presenti le solite numerose interviste:
la riproposizione di un'intervista ad Alessandra Valeri Manera già presentata su "Vinile" n° 34 del 27 luglio 2022, immagino con qualche stralcio in più, per commemorare la sua dipartita;
Andrea Accardi (disegnatore);
Sio (fumettista, influencer, etc.);
la seconda parte dell'intervista a Tahashi Saijo (animatore);
la seconda parte dell'intervista a Patrizia Tapparelli (cantante sigle).



Di fianco all'editoriale del nostro Ceo campeggia come al solito l'avviso su quando si potrà trovare in edicola (o in spedizione da abbonamento) il numero 22 di "Anime Cult", e la data è quella del 18 settembre, ergo è ufficiale la trasformazione della testata da mensile a bimestrale, alternandosi con "Japan Magazine".
Nel suddetto editoriale del Ceo non c'è, non dico una riga, ma neppure una parola su questo cambiamento, silenzio totale, come se nulla fosse... ma non era stato proprio il Ceo nel n° 17 ad affermare, riguardo alla nascita di "J. M.", che la Sprea con J. M. non si faceva concorrenza da sola?
Si vede che alla fine, le due testate semi uguali si facevano veramente concorrenza da sole... senza contare la grandinate di altri speciali/dossier/enciclopedie targate Sprea a tema anime/manga... ci torno più sotto.
Due paroline di spiegazione, da abbonato, le avrei gradite, ma fa nulla  ^_^


Più che giustamente l'editoriale del Ceo è un ricordo della scomparsa Alessandra Valeri Manera, tutto giusto e grande rispetto per chi la conosceva e sente la sua mancanza. In questi casi si rischia sempre di essere tacciati di insensibilità, ma non è che il giudizio sul suo lavoro alla Fininvest/Mediaset sugli anime può cambiare perché lei non c'è più... sarebbe un po' ipocrita... 
In questo la testata e la redazione della Sprea si mantiene abbastanza coerente, visto che l'opera di adattamento, delocalizzazione, taglia e cuci, pesante cambio dei dialoghi e censura operato dalla Fininvest/Mediaset era già stato abbondantemente sdoganato nei numeri precedenti (leggere la rece al n° 20 linkata sopra).
Dato che, invece, nel mio piccolissimo, probabilmente anche a causa di un'età maggiore rispetto al Ceo, non concordavo allora con questa impostazione giustificazionista della redazione, continuo a non concordare...
Tutto l'editoriale del Ceo ha questa impronta "scusazionista".
Quello che mi pare stia cambiando (o sia già cambiato) negli scritti sia del Ceo che in alcuni articoli della redazione è come ci si rivolge a chi non concorda con questa visione "scusazionista". 
Infatti il Ceo scrive "Attaccata dai puristi e accusata, specie negli anni Novanta, di essere tra i censori più sadici, esercitava semplicemente il suo lavoro seguendo logiche interconnesse ma distinte..."

Quelli che restano non "scusazionisti" diventano "puristi" che attaccavano una persona che svolgeva al meglio il suo lavoro, i "cattivi" diventiamo noi... senonché il suo lavoro era, appunto, adattare, delocalizzare, tagliare e cucire, cambiare i dialoghi e censurare...
Io non mi ritengo per nulla un "purista"... preferisco vedere gli anime doppiati in italiano, e solo se proprio capisco che non arriveranno mai, li guardo (o li ho guardati in passato) in giapponese con sottotitoli. Poi se posso ascoltarli con un doppiaggio in italiano rispettoso del senso originale della serie, son più contento (cosa che in Fininvest/Mediaset non capitava...).
Comprendo bene la necessità e la DIFFICOLTA' di adattare un anime (o qualsiasi altra opera), ma qui si finge di non capire che Fininvest/Mediaset comprava scientemente anime con un target non adatto al proprio pubblico, considerando pure le normative intervenute nel tempo a tutela dei minori, e quindi erano obbligati a massacrarle, spesso senza alcun motivo reale... oppure rimandavano in onda anime che in precedenti passaggi (vedi Lady Oscar) erano state lasciate pressoché intonse, per fare opera di censura massiva... 
Quella di Fininvest/Mediaset era una strategia censoria e di delocalizzazione sistematica, non un occasionale cambio di nomi o rimozione di qualche scena.
Poi c'è tutto il discorso del cambio delle sigle e dei cantanti, ma è un'altra storia, oppure no?
Il tutto lo facevano legittimamente per portare a casa dei soldini, e i soldini li portavano a casa legittimamente anche quelli che operavano materialmente questi stravolgimenti, ed oggi alcuni degli stessi portano a casa altri soldini per spiegarmi che era tutto giusto?
OK, va bene tutto, ma entro certi limiti   ^_^
A mio avviso sia l'editoriale del Ceo che gli altri articoli di questo numero partono da dei presupposti erronei, inoltre considerano nel medesimo modo adattamenti svolti in anni diversi. 
Spesso negli articoli di questo numero si tira in ballo il povero Goldrake o altri anime del "First Impact" per giustificare l'opera fininvestmediasettiana, questo approccio lo trovo abbastanza ingiusto, forse dovuto al non aver vissuto quel periodo e quindi nel non poter/voler capire che la serie di "Atlas Ufo Robot" fu qualcosa di travolgente e stravolgente per tutti, compreso chi si occupò dell'adattamento. Più volte si afferma che i nomi dei personaggi li cambiarono anche in Goldrake, quasi a voler riesumare il famoso "rubano tutti, non ruba nessuno" della politica italiana. Solo che la Rai acquistò la versione francese di Goldrake, già con i nomi cambiati, senza contare che il tempo disponibile all'adattamento probabilmente non fu molto. 
E senza MAI dimenticare che qualcosa come Goldrake NON si era MAI visto in Italia!
Come si può in buona fede paragonare il cambio dei nomi in "Atlas Ufo Robot" trasmesso in Italia nel 1978 con il cambio dei nomi in, per esempio, "E' quasi magia Johnny" trasmesso in Italia nel 1989? 
Sono più di dieci anni!!!
In quei dieci anni si era sviluppata un minimo di conoscenza degli anime, non si era più nell'anno zero (il 1978) o l'anno uno (1979), ma nell'anno 12 degli anime in Italia!!!
Il presupposto errato dell'approccio "Anime Cult"è quello che si mettono sullo stesso piano adattamenti con delocalizzazioni, taglia e cuci, pesante cambio dei dialoghi e censure... 
In Goldrake, lo prendo come esempio visto che la redazione lo tira fuori a giustificazione dell'opera fininvestmediasettiana ogni due per tre, ci fu l'adattamento dei nomi, ma la trama fu modificata?
No.
Ma alla fine, considerando che nulla sapevamo nell'aprile del 1978 della Mazinsaga, cosa mi cambiava a me bambino chiamare il protagonista Actarus o Daisuke? Actarus o Duke Fleed?
ZERO SPACCATO! 
Ci fu l'opera di delocalizzazione in Goldrake?
No.
Taglia e cuci in Goldrake?
No.
Censure in Goldrake?
No.
Un paio di episodi non furono mai trasmessi, ma lo scopo era quello di farne film di montaggio, ed anche se non fossero stati trasmessi per valutazioni sul loro contenuto, meglio non trasmetterli che massacrarli...
Cambiare i nomi non è simpatico, ma se lasci immutata la trama, il luogo in cui si svolge la storia, non stravolgi la trama con taglie e cuci e censure, avere i nomi errati non è questo gran problema.
Vennero cambiati i dialoghi, ma non mi pare in maniera da rendere incomprensibile la trama originale, ed il motivo fu più che altro dovuto all'ignoranza, manco loro del 1978 avevano ben capito cosa avevano tra le mani.
Io capisco anche qualche limitato taglio o cambio dei dialoghi, mica tutto quello che può andare bene per un bambino/a giapponese può andar bene per un bambino/a italiano, ma non deve essere frutto di una strategia a tavolino, che era quella presente in Fininvest/Mediaset.
Mi rendo conto che mi son fin dilungato troppo e per una tematica che evidentemente interessa solo me e pochi altri, e che sono stato fin troppo antipatico, ma tutta l'impostazione "scusazionista" di questo numero sulle censure non l'ho apprezzata.
Mio punto di vista.


Un altro esempio del cambiamento di linguaggio versus chi non apprezzava e non apprezza l'opera Fininvest/Mediaset di adattamento, delocalizzazione, taglia e cuci, pesante cambio dei dialoghi e censura è quel "Checché ne pensino i suoi (di AVM)  irriducibili detrattori".
Non solo diventiamo "detrattori", ma anche "irriducibili"... 
A me non pare di essere uno che "cerca di nuocere alla reputazione di qualcuno con la maldicenza o con critiche maligne"... dal mio punto di vista in Fininvest/Mediaset assunsero persone per fare un lavoro legittimo (visto che lo hanno fatto), su cui non concordo. 
Posso non concordare? (mi sento un po' Salvini...)
A quanto pare no, altrimenti diventi un "irriducibile detrattore purista che attacca una professionista"  :]
E' ovvio che la strategia non era data da AVM, era una direttiva dell'azienda, e un dipendente ha due possibilità, seguire le direttive dell'azienda oppure cambiare azienda, non è che può fare di testa sua.
Io critico la scelta di adattamento, delocalizzazione, taglia e cuci, pesante cambio dei dialoghi e censura degli anime decisa dall'azienda, poi c'era chi ci doveva mettere la faccia, ma mica è colpa mia...
All'interno della riproposizione dell'intervista ci sono anche i bei ricordi di chi lavorò con Alessandra Valeri Manera.



Ad inizio post accennavo alla grandinata di pubblicazioni Sprea su anime e manga, ecco.. ti metti a leggere un articolino sul periodo in cui il "Corriere dei Piccoli" pubblicava storie con i personaggi dei cartoni animati giapponesi, e alla fine dello scritto capisci che è uno spottone per l'ennesima pubblicazione Sprea!   T_T
Ci mancherebbe, tutto legittimo, ma a me pare che stiano esagerando, avviso che non la comprerò.

Nello scritto si accenna che il CdP aveva ospitato anche storie ed articoli su Goldrake ed Heidi:





Il sommario dello "Speciale Censure".
A mio avviso, come già scritto sopra, non si fa alcuna distinzione tra adattamento, che è fin obbligatorio in un'opera non italica, e tutte le altre manipolazioni.
Inoltre non si fa capire al lettore che un adattamento del 1978, 1979 o 1980 non è paragonabile ad uno del 1984, 1986 o 1989, non parliamo poi degli anni 90...
Sia chiaro, lo speciale non si occupa mica solo di Goldrake e soci, si può ben leggere che si trattano più che altro censure successive, ma io sono più sensibile al mettere sullo stesso piano, l'inizio con il successivo, il non pianificato con la strategia aziendale.
Per esempio a pagina 41 si accenna al cambio di nome in Gundam di Amuro Rei in Peter Rei, e non fu l'unico cambio di nome, ma la domanda importante sarebbe "la serie del Gundam fu stravolta?"
No.
Vennero censurate le morti e l'orrore della guerra?
No.
I dialoghi vennero modificati allo scopo di nascondere qualche tematica considerata sconveniente?
No.
Furono effettuati taglia e cuci?
No.
La serie venne censurata?
No.
Poi il tutto venne adattato un po' alla carlona, per esempio perdendo il concetto di ESP, ma per inesperienza e sottovalutazione del valore dei contenuti originali. 
E' ovvio che io riguardo il Gundam con più piacere con il nuovo doppiaggio fedele all'originale, ma noi capimmo senza problemi che in Gundam la guerra era vera, come lo era in Zambot 3, tanto per fare un esempio di un'altra serie trasmessa dalle tv locali e non censurata.



"Sin a Ufo Robot"... no, non si può tirar in ballo il primo anime robotico tramesso in Italia nell'aprile del 1978 come scusa per quello che faceva Fininvest/Mediaset, ma neppure i lungometraggi nipponici proiettati al cinema negli anni 60 e 70.
I titoli dei lungometraggi d'animazione nipponica venivano cambiati perché era una prassi italica delle case che importavano film, lo facevano e lo fanno ancora con qualsiasi film. Figuriamoci con film d'animazione degli anni 60 e 70, dove in Italia animazione voleva dire Stati Uniti d'America e Walt Disney.
Se si avrà la pazienza di scorrere i post linkati qui sotto, si potrà capire che il cambio dei titoli ed autori nulla aveva a che fare con la strategia censoria Fininvest/Mediaset, era un altro tipo di strategia censoria, ma data dalla totale ignoranza, in comune con Fininvest/Mediaset c'era solo l'intento di guadagnare soldi.






"Dopo le polemiche generate da Goldrake, la Rai si allontana gradualmente dall'animazione giapponese, facendo spazio alle nascenti reti private"...

A mio avviso scrivere questa informazione vuol dire confondere tutta la cronistoria dell'avvento dei cartoni animati giapponesi in Italia, delle polemiche giornalistiche, della storia delle tv private locali, eppure di saggistica in merito ne è stata scritta...
La Rai non si allontana gradualmente dall'animazione giapponese dopo le polemiche su Goldrake, perché l'apice delle polemiche contro i cartoni animati giapponesi avviene nella primavera del 1980 (verificare il numero mostruoso di articoli presenti tra marzo e aprile), Goldrake è terminato. La serie che si becca tutto l'astio accumulato è Mazinga (Z), e le polemiche sono contro tutti gli anime.
Scrivere, poi, che la Rai lasciò spazio alle nascenti reti private, se la data fosse quella del 1980, non ha cronologicamente alcun senso, in quanto le tv private locali già trasmettevano in massa animazione giapponese dal 1979.
Le emittenti private locali si sviluppano dal 1977/78, i primi anime trasmessi (a parte Kimba nel 1977) sono dei primi mesi del 1979, la Rai trasmetteva ancora varie serie animate nel 1979, ma ovviamente in numero minore rispetto alla moltitudine di tv locali private.





Vero è che gli statunitensi facevano peggio di noi italiani (anche se forse non sempre peggio di Fininvest/Mediaset), ma stravolgevano gli anime fin da Astroboy e Kimba. Gli Usa non volevano certe scene e certe tematiche, non volevano neppure storie che si sviluppassero, volevano puntate autoconclusive.
E quindi?
Questo aspetto del paragonare censure in Italia (cioè Fininvest/Mediaset) e censure all'estero viene parecchio rimarcato, giusto presentarlo, ma in qualche modo solleva i censori italici dalle proprie responsabilità?
Torniamo al nostrano "rubano tutti, non ruba nessuno"?


Nell'articolo sopra si rimarca la questione degli adattamenti e censure straniere, ma resta il punto che due errori non fanno una cosa giusta.
Nell'articolo sotto si accenna a "Lupin III", che è proprio l'esempio principe di quanto agli esordi le tv private locali non solo non avevano nessuna idea di cosa compravano (mentre Fininvest/Mediaset si), ma neppure li censuravano (mentre Fininvest/Mediaset si).
E comunque non fu "un miracolo" se "Lupin III" non venne stravolto nel 1979/80, neppure Jeeg, il Grande Mazinga, Gundam e tutte quelle serie sulle tv locali non venivano censurate.
Non venne censurato neppure il primo film al cinema di "Lupin III" nel 1979/80!
Il punto è che quando si commenta una aspetto che non si è vissuto, può essere che sfuggano le sfumature.


Faccio sempre fatica a capire i sassolini che si toglie dalle scarpe Silvio Andrei, e spero che non sia mai io il soggetto dei suoi strali, ma stavolta non ho proprio capito una cippa.
A chi si riferisce quando scrive:
"Ora quelli che si paludano del termine "editore" cercano "autori" (tra molte virgolette) in Rete, guardano quanti seguono un tale "autore" (più sono i follower, più copie si potrà immaginare di vendere). Si conta poi che, sempre sul Web, gli "autori" si promuovano autoesaltandosi, e che altri "amici" li esaltino, per essere a loro volta esaltati."

A me pare che la parte dello scritto di Silvio Andrei che ho riportato qui sopra ben si adatti alla nuova saggistica su manga, anime e Giappone, ma direi anche alle testate della Sprea.
Oppure non ho capito nulla dei criptici messaggio andreiani...   ^_^


Lessi delle polemiche contro "Ken il guerriero" proprio sui quotidiani dell'epoca, e ne rimasi basito per la loro pochezza, fa bene Andrei a riproporre quella crociata anti cartoni animati giapponesi, che esula dalle mie ricerche in quanto troppo recente.
Poi in una parte del suo scritto si accenna alla mancata citazione delle fonti, di "tanti paludati copiancollatori, soliti rubacchiare di qua e di là senza riconoscere niente".
Forse una autocritica alla propria testata?

Per la cronaca quel numero di "Man Ga!" (e tutti quei primi numeri) è in mio possesso.


Altre otto interessantissime pagine di intervista a Takashi Saijo sulla Tatsunoko, vale da solo l'acquisto della rivista.



Sullo scritto di Carrassi non mi permetto di scrivere nulla, anche perché non ho mai visto la serie di cui spiega gli adattamenti.
Quello che annoto è che a fine articolo è presente un altro auto spottone sull'ennesima pubblicazione Sprea, "Cartoni & TV", che non comprerò   ^_^



E a tal proposito sono presenti un paio di pagine per incentivare l'abbonamento ad "Anime Cult" e "Japan Magazine", un mese una, l'altro mese l'altra... in cui c'è una parziale rassegna di tutte le altre pubblicazione Sprea, non paiono un po' tantine?
Fino ad un certo punto le ho comprate, poi "ho detto stop allo Sprea in eccesso!" (semi cit. pubblicitaria)





Altro bel tassello informativo sul mondo delle sigle.


 


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