I "pornofumetti" di Bonvi su Playboy del post precedente mi hanno fatto tornare in mente un articolino che avevo scovato da qualche parte sui fumetti pornografici che trovavamo in edicola ogni volta che compravamo le figurine o un fumetto.
Da questo drammatico articolo su un brutto fatto di cronaca nera ho cancellato i nomi dei minorenni coinvolti, i luoghi e pure i nomi delle persone intervistate, principalmente per rispetto e in misura minore perché, ai fini di quello che mostro io in questo blog, non contano né i nomi né i luoghi, è importante capire l'accanimento che nella primavera del 1980 i mass media mostravano contro i cartoni animati giapponesi.
Intanto, ieri come oggi, si deve dare la colpa sociologica a qualcosa per gli atti di qualcuno, in questo caso i primi colpevoli erano i "fumetti pornografici" (oggi i videogiochi), mentre si vede che le riviste con foto di vere persone intente ad attività sessuali erano da dispensare da colpe...
Colpisce l'incipit dell'articolo:
"Un fumetto pornografico. Può essere stata questa la molla che ha portato..."
Un ipotesi totale ed assoluta... magari l'autore della violenza aveva avuto un vissuto di violenze (e ciò non sarebbe comunque una scusante), forse aveva queste pulsioni indipendentemente dal contesto in cui viveva, poteva aver visto la sera prima un film pornografico trasmesso da una emittente locale privata, invece del fumetto pornografico (ammesso ne avesse letto uno), non possiamo saperlo, ammesso conti, ma a rigor di logica non poteva saperlo neppure la redazione del quotidiano. Nonostante ciò il colpevole diviene il fumetto pornografico, che chiaramente non sto qui mica a difendere.
Come sia stato possibile che i colpevoli della violenza dall'essere i fumetti pornografici (ammesso lo fossero), ben visibili in edicola anche dai minorenni senza che alcuna autorità si opponesse, siano divenuti i "cartoni animati giapponesi"è qualcosa che grida veramente vendetta... postuma di 40 anni, ma sempre rivalsa urla...
"Un fenomeno che si può dire coinvolge tutti: il bambino che a mala pena si regge sulle gambe è bombardato da una serie di fumetti televisivi tradotti poi in giornaletti, figurine, decalcomanie. Passano gli anni e alla violenza fine a sé stessa si aggiunge il sesso. "
Si era partiti dai fumetti pornografici, tipo "il Tromba" o "Lando", per far un triplo salto mortale carpiato e finire con i "fumetti televisivi"... perché?
Ma qualcuno ha mai visto in edicola le figurine pornografiche o le decalcomanie pornografiche?
Quale nesso c'era tra i fumetti pornografici e Goldrake?
Oggi ci lamentiamo del livello del giornalismo, spesso dato da persone che scrivono articoli a cottimo, ma quale poteva essere la "scusa" nel 1980 per un quotidiano di buona tiratura come "La Gazzetta del Mezzogiorno"?
L'unico argomento che obiettivamente si potrebbe portare è che i cartoni animati giapponesi sdoganarono un larvato accenno al sesso, che per i piccoli telespettatori di animazione in Italia era una novità assoluta ed anche un po' ghiotta ^_^
Nelle prime puntate pre (molto sexy) e post (meno disinibita) miyazakiane/takahatiane ammirammo una Fujiko Mine che penso colpì un po' tutti, nulla a che vedere con la smunta Margot delle serie successive, praticamente un personaggio diverso che nulla aveva a che fare con l'infida doppiogiochista amante di Lupin III.
Poi c'era la questione di quante docce e bagni (giapponesi) facevano i protagonisti degli anime, ma qui noi non potevamo sapere che per loro l'igiene personale era una parte importante della vita quotidiana, come non potevamo sapere che, non avendo i nipponici tabù sessuali legati alla religione, non era scandalo fare accenni alla sessualità anche nei cartoni animati o nei fumetti.
Ovviamente nulla sapevamo del target legato all'età del giovane telespettatore, Lupin III avrebbe dovuto essere visto da ragazzini, non bambini.
Altra questione riguardava l'intimo femminile, che spesso faceva capolino in Bia o in altre serie animate.
Detto tutto ciò, si poteva veramente fare un collegamento tra i fumetti pornografici e i cartoni animati giapponesi nel 1980?
L'articolo è un'escalation di assurdità, in poche righe ti ritrovi a leggere le lamentele dei genitori su Mazinga e Remì, passando da una terribile violenza subita da una bambina a dei cartoni animati trasmessi in televisione.
In mezzo ci sono gli addetti al settore, un distributore e un edicolante, che non vogliono sentir parlare di togliere i veri fumetti pornografici dalle edicole, altrimenti avrebbero dovuto rifiutare un affare.
Ci vengono in fine presentate le testimonianze di una madre, un padre ed una educatrice.
Cara signora, se suoi figlio guardando Mazinga diventa cattivo, potrebbe essere che fosse già carogna prima...
Quale era il mercato che il padre avrebbe voluto eliminare? I cartoni animati giapponesi in televisione o i fumetti pornografici in edicola? Secondo me il primo, del secondo nulla gli fregava, dato che il figlio non gli rompeva perché voleva giocare a Lando (per fortuna), ma perché voleva giocare a Goldrake.
Il commento dell'educatrice è abbastanza un classico, visto che non riusciva a tenere a bada la classe, la colpa non era dei genitori che non avevano dato una educazione ai figli, oppure sua che non era in grado mantenere la disciplina o far piacere le lezione ai bambini, la colpa era dei cartoni animati giapponesi.
Se una maestra non riusciva a vedere gli insegnamenti positivi che erano presenti in quegli anime, vuol dire che mancava abbastanza di capacità analitica e spirito di osservazione.
Ok, diciamo che la madre, il padre e l'educatrice avessero anche ragione, ma quale nesso c'era tra i cartoni animati giapponesi e i fumetti pornografici in quella primavera del 1980?!