Cercando articoli giornalistici sull'animazione giapponese in Italia tra la fine degli anni 70 ed i primi anni 80, mi capita sovente di imbattermi in quello che diverrà, in tempi brevi, il nuovo (ed attuale) nemico dei genitori e degli esperti di educazione:
il videogioco
Scrivere nel 1982 su cosa erano e sarebbero stati i videogames non era semplice, una decina di anni dopo poteva essere più facile intuirne il futuro e valutarli, ma all'alba (in Italia) del loro sviluppo era quasi come giudicare gli anime.
Il campo era completamente sconosciuto, specialmente per il fatto che chi ne scriveva, indipendentemente se a favore o meno, non vi si era mai accostato come fruitore.
Probabilmente la mia è la prima generazione digitale, o almeno semi digitale, tutte le precedenti erano totalmente analogiche, un pixel era come un alieno :]
Quando, in più, trovi due articoli su una rivista prettamente dedita all'analisi politico-economica e di matrice comunista, come lo era il "CESPE" (Centro studi di politica economica), la curiosità su come erano visti e trattati i primi videogiochi cresce.
Facendo qualche ricerca ho scoperto che il "CESPE" fino al 1984 era un organismo del PCI, dal 1984 lo si sarebbe previsto autonomo:
Il primo articolo è a firma di un super esperto di comunicazione, come Alberto Abruzzese, mentre il secondo scritto è ad opera di Giacomo Mazzone, che forse ai tempi non era conosciuto quanto Abruzzese.
Il primo è una analisi sui valori e i meccanismi del videogioco, il secondo si concentra sull'aspetto economico da loro movimentato.
Ammetto che non ben compreso l'articolo di Abruzzese, non mi pare osteggi il gioco televisivo elettronico, però per me ciò che scrive risulta troppo astruso.
Il fatto di dover spiegare, da adulto che non ha mai preso in mano una levetta, ad altri adulti che non hanno mai toccato una levetta, cosa sia un videogioco, doveva essere un compito immane per chiunque. Non sono in grado di comprendere se Abruzzese ci riuscì, ognuno valuti da sé lo scritto.
L'articolo di Mazzone, invece, essendo un riassunto del florido mercato dei videogiochi del periodo, resta comprensibilissimo.
L'unica cosa che non mi è chiara è il perché, a livello italiano, si trattino i flipper... mentre per quanto riguarda il mercato Usa ci viene spiegato che una delle aziende leader nei videogiochi produceva anche flipper, e quindi ha senso citarli, per il mercato italiano le aziende vendevano solo flipper, ma i flipper e i videogiochi sono due meccanismi ludici senza nesso, se non per il fatto che si usino le mani e gli occhi per giocarci.
Probabilmente l'essere di una generazione totalmente analogica come quella dell'autore, che da ragazzo avrà giocato ai flipper ma mai ai videogiochi, non gli permise di comprendere le differenze.
Differenze che si possono vedere da alcuni decenni, i videogiochi spopolano in tantissime forme e piattaforme, i flipper sono estinti ^_^
Buona lettura.