Con questo terzo post consecutivo, contenente due lettere alla redazione, concludo la panoramica su Bimbosapiens. Entrambe le risposte alle missive dei lettori sono paradigmatiche di quanta poca volontà di informarsi avessero sia gli addetti ai lavori che le pubblicazioni che ne ospitavano gli articoli.
Il settembre 1982 non era l'aprile 1978, mentre posso anche comprendere (ma non giustificarne le fake news) che i giornalisti ed esperti fossero stati completamente spiazzati dal successo di Goldrake, e quindi dovettero trasformarsi in conoscitori un tanto al chilo dell'animazione giapponese, non mi capacito come ben quattro anni dopo non si riuscisse a dare una informazione corretta sul tema.
Qui ci troviamo di fronte alla classica lettera di un lettore che chiede ulteriori delucidazioni su una tematica sollevata dalla redazione, quindi la quintessenza dello scopo di una pubblicazione: informare!
Fu stato espletato il compito istituzionale che ha qualsivoglia redazione di un quotidiano o rivista?
Direi ampiamente no...
Particolare attenzione merita la prima lettera, scritta da un dodicenne (magari aiutato da un adulto, altrimenti vanno a lui tutti i miei più vivi complimenti) che non si limita ad una lagnanza rispetto all'articolo di Giannalberto Bendazzi presente nel numero di gennaio/febbraio 1982:
"Il trionfo del computer"
Giuseppe Bonelli (il dodicenne) spiega bene il suo punto di vista, ed avanza anche una teoria assai acuta per l'età dello scrivente, la risposta di Bendazzi non deve essere considerata non corretta per i giudizi negativi che lui riporta sull'animazione seriale giapponese, del tutto leciti (non la apprezzava, fine), ma perché vengono date delle informazione al ragazzino (e a tutti quelli che lessero la risposta) assolutamente prive di fondamento.
Dove Bendazzi lesse queste informazioni? Mistero.
La seconda lettera è molto più breve, e mi pare di capire che fu la redazione a scrivere la risposta ad una madre che esprimeva inquietudine per i messaggi sessualmente equivoci presenti in cartoni animati come "La Principessa Zaffiro" e "Lady Oscar".
Anche in questo caso l'argomentazione della rivista parte dal medesimo presupposto di quella precedente di Bendazzi, dando informazioni che non si comprende da dove provenissero, se non da un pregiudizio nei confronti di un prodotto seriale non occidentale: giapponese, ergo di certo creato grazie chissà a quali piani diabolici ^_^
La disinformazione, fatta volontariamente o per pressapochismo, ha delle conseguenze, e le si può apprezzare nella lettera dell'alunno monzese di seconda media Giuseppe Bonelli, il cui incipit parte dando per assodato che la bufala sui cartoni animati giapponesi fatti col computer fosse vera.
Come mai lo credeva?
Perché aveva letto l'articolo linkato sopra, ed aveva anche assistito ad un dibattito in cui era presente lo stesso Bendazzi:
"Condivido la sua opinione sulla meccanicità dei movimenti dei cartoni animati giapponesi, realizzati col computer, soprattutto se paragonati a quelli di Disney.".
Perché paragonare una animazione seriale televisiva fatta al risparmio, come tutta l'animazione seria televisiva (compresa quella statunitense ed italiana), con l'animazione cinematografica?
Avrebbe avuto senso mettere a confronto i film animati della Disney con i film animati della Toei ( link 1 - link 2 - link 3 ), questo si, ma non animazione cinematografica contro animazione seriale televisiva...
Ma, soprattutto, NON ERA VERO CHE I CARTONI ANIMATI GIAPPONESI FOSSERO FATTI AL COMPUTER! ^_^
Quindi il povero Giuseppe partiva dando ragione all'illustre esperto su un fatto in cui quest'ultimo aveva torto, sarebbe cambiata l'argomentazione del ragazzo se avesse saputo la verità?
Comunque il ragazzo non si perde d'animo, non potendo difendere i cartoni animati sul versante estetico, essendo prodotti da diaboliche tecnologie avanzatissime (ma con risultati qualitativi pari a zero...), avanza un parallelismo tra gli eroi dell'epica cavalleresca e gli eroi robotici animati giapponesi.
A me non verrebbe in mente neppure oggi un argomento del genere >_<
"E allora, perché l'eroe di una serie spaziale non può rappresentare il nostro periodo?"
Già, perché non poteva?
Perché la potevano pensare così solo i dodicenni ^_^
Sia chiaro, l'argomentazione di Bendazzi che si oppone alla teoria del ragazzo non la contesto, anche se oggi molti saggisti cresciuti con quei cartoni animati robotici sostengono le stesse idee del dodicenne, quello che non convince è il suo "perché" successivo.
"Perché nel fare gli episodi di Mazinga collaborano ferreamente dei tecnici specializzati: esperti di marketing, esperti di psicologia della comunicazione, esperti di psicologia dell'infanzia, disegnatori, registi, animatori, produttori, distributori.
Tutti costoro puntano a un solo scopo: costruire un prodotto vendibile alle televisione di tutto il mondo, imporre i loro personaggi ai ragazzi di tutto il mondo.".
Ma se tutte le figure descritte sopra avessero veramente partecipato ad una riunione pianificatrice sulla serie animata di Goldrake, avrebbero partorito lo stesso la malsana idea di relegare Koji Kabuto, eroe di tutti i bambini nipponici, a pilota dello sfigatissimo TFO?
Il prodotto doveva essere appetibile per gli sponsor, non v'è dubbio, ma non per quelli di tutto il mondo, solo per quelli nipponici... Bendazzi (e non solo lui) era veramente convinto che quei cartoni animati degli anni 60, 70 ed 80 che venivano mandati in onda nel 1982, facessero parte di una operazione pianificata di marketing globale... lo credeva sinceramente, sarebbe interessante capire in base a cosa, e quale fosse stata la sua fonte.
Dove aveva letto che esperti di marketing, esperti di psicologia della comunicazione, esperti di psicologia dell'infanzia, disegnatori, registi, animatori, produttori e distributori partecipavano alla creazione di un serial animato giapponese?
Non dimentichiamoci delle tante serie chiuse in fretta e furia o modificate in corso d'opera perché non avevano ottenuto il favore dei giovani telespettatori nipponici, e che, invece, in occidente ebbero un successo clamoroso.
Goldrake ne è l'esempio lampante, ma vi aggiungo Tekkaman.
Segue paragone gastronomico, che a me pare non abbia nessun senso. Ovviamente sbaglio io.
Non ho capito del tutto il ragionamento finale:
"Ma attenzione, Giuseppe, se anche tu, come me, pensi che l'Iliade è bella e Goldrake è brutto, allora nessuno ci impedisce di guardarci lo stesso Goldrake... etc etc"
Ma se Giuseppe si fosse convinto della bruttezza di Goldrake, perché avrebbe dovuto continuare a vederlo?
Sono entrambi belli in modi diversi. Ovviamente l'Iliade lo sarà per l'eternità, mentre Goldrake lo è stato per la nostra generazione.
E forse Giuseppe voleva solo dire che Goldrake e soci potevano essere i nostri eroi moderni come gli eroi cavallereschi lo erano stati per i bambini delle generazioni passate.
O forse sono io a non aver compreso ciò che voleva dire il mio coetaneo.
L'altra lettera denuncia una situazione grave.
Una madre è preoccupata del potere che la televisione ha sui suoi figli, ma nel particolare vuole capire perché i giapponesi idearono personaggi femminili travestiti da maschi come la Principessa Zaffiro e Lady Oscar, infine se questo potrebbe nuocere all'identità sessuale dei giovani telespettatori italiani.
La signora Simonetta Tucci non conosceva l'argomento e quindi chiedeva lumi alla redazione di Bimbosapiens, ma la redazione conosceva l'argomento? >_<
La risposta tocca delle vette inusitate di disinformazione.
Ok, si partiva dal presupposto che i cartoni animati giapponesi erano diseducativi, la rivista era loro e avevano tutto il diritto di pensarla così, ma fa sobbalzare il passaggio successivo:
"... vorremmo sottolineare che i giapponesi prima di produrre un personaggio si affidano all'accurato studio di esperti sulla psicologia infantile, in modo da sfornare un prodotto di consumo, un personaggio popolare che possa fare sicura presa sulla psiche del bambino, poco importa se negativamente, l'importante è che piaccia e che il prodotto venda."
La signora, dopo aver letto queste righe, si sarà convinta della diabolicità dei giapponesi, e probabilmente avrà vietato ai figli di guardare altri cartoni animati. Oppure avrà iniziato a preoccuparsi a più non posso per i pericoli inerenti l'identità sessuale dei suoi tre maschietti.
Sarebbe stato bello leggere, invece, che il creatore della Principessa Zaffiro era un grande appassionato del teatro Takarazuka, e che grazie a quegli spettacoli creò un nuovo genere di manga, lo shojo manga, a cui si ispirò l'autrice di Lady Oscar, etc etc etc
Questa sarebbe stata una informazione corretta, magari la signora non avrebbe calmato i suoi timori, ma almeno avrebbe avuto notizie reali.
Il finale è degno della polemica di Vera Slepoy vs le Sailor Moon, ma con 15 anni di anticipo:
'SAILOR MOON': SLEPOJ, DISTURBA LO SVILUPPO SESSUALE